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STORIA MESSICANA

Pancho Villa e il suo esercito -

eroi della rivoluzione messicanaSede, in età precolombiana, delle fiorentissime civiltà dei Maya, dei Tolteca (856) e degli Azteca (1325), la scoperta e la conquista del Messico sono legate al nome di Hernán Cortés. Il Messico divenne formalmente colonia spagnola nel 1520, sotto il nome di Nuova Spagna. Cortés ne divenne governatore e capitano generale nel 1522. Nel 1535 fu installato il primo viceré, Antonio de Mendoza.

Mentre l'immigrazione di spagnoli dall'Europa aumentava sempre più (dai 57.000 del 1570 ai 780.000 del 1780) e gli indigeni venivano letteralmente sterminati (passarono dagli 11 milioni del 1519 a 1 milione e mezzo nel 1650), si costituiva una società fortemente differenziata e stratificata. Al vertice stava un'aristocrazia di criollos, bianchi nati in colonia, detentori del potere economico e di quello politico interno (le haciendas più vaste avevano veri e propri corpi armati a disposizione, e a volte proprie corti di giustizia, gestite ad arbitrio del proprietario); i criollos, culturalmente sviluppati (nel 1571 era tra l'altro stata fondata una Università del Messico), erano sempre più insofferenti delle limitazioni allo sviluppo del paese imposte dal fiscalismo e dal protezionismo commerciale spagnolo. Sotto i criollos esisteva un esile ceto medio di artigiani e professionisti, composto in gran parte da meticci, e un'immensa massa di indios, meticci e bianchi poveri, ridotti al limite della sopravvivenza fisica e sottoposti alle forme più brutali di sfruttamento economico.

Il 16 settembre 1810, nella regione di Guanajauto, divampò la grande insurrezione india capeggiata da un umile sacerdote, Miguel Hidalgo y Costilla, parroco di Dolores. Nonostante il fallimento di questo tentativo (Hidalgo venne fucilato nell'agosto 1811), la rivolta riprese con rinnovato vigore tra i 'peones' (manovali) della Sierra Madre del Sud, sotto la direzione di un altro sacerdote, il meticcio José Maria Morelos. Con la morte di Morelos (catturato e fucilato dagli Spagnoli il 22 dicembre 1815), l'insurrezione fu domata.

Alle aspre repressioni che seguirono sopravisse un ristretto gruppo di insorti, capeggiati da Vicente Guerrero, nella Sierra Madre del Sud. Nel 1821 generale Agustin Itúrbide, capo dell'esercito spagnolo in Messico e noto per aver spietatamente represso la rivolta di Hidalgo e Morelos, intavolò trattative con Vicente Guerrero per ottenere l'alleanza degli insorti e gettare le basi del futuro Stato messicano. Juan O'Donojú, ultimo vicere della Nuova Spagna, il 24 agosto 1821 con il manifesto di Córdoba riconobbe l'indipendenza del Messico. Circa un mese dopo, il 27 settembre, Itúrbide entrò trionfalmente nella capitale.

Nascevano gli Stati Uniti del Messico. Agustín Itúrbide, si fece proclamare, con l'appoggio dell'esercito e dei monarchici, imperatore del Messico, col nome di Agustín (19 maggio 1822). Meno di un anno dopo, il 19 marzo 1823, l'impero di Itúrbide venne rovesciato dal pronunciamento del generale Antonio Lopez de Santa Anna. che con l'appoggio dei liberali promulgò una nuova costituzione repubblicana (4 settembre 1824). Da tale data il Messico conobbe forse il periodo più tormentato della sua storia; in poco più di trent'anni si succedettero sei diversi regimi (monarchici e repubblicani prima, centralismi e federalisti poi, dittature personali [Santa Anna, Anastasio Bustamante, Nicolás Bravo, Vicente Guerrero] e tentativi di restaurazione spagnola); oltre 50 ministeri e 250 insurrezioni.

La situazione fu ristabilita da Juárez solo nel gennaio 1861 ma nel dicembre dello stesso anno, in seguito alla decisione del governo liberale di sospendere per un biennio il pagamento degli interessi del debito estero allo scopo di far fronte al gravissimo deficit finanziario, Gran Bretagna, Spagna e Francia intervennero immediatamente in Messico a sostegno dei conservatori. Per iniziativa di Napoleone III la spedizione si risolse in una guerra di conquista (1862-1863), coronata dall'effimero impero messicano dell'arciduca Massimiliano d'Absburgo (1864-1867), il quale pagò con la vita a Querétaro un sogno impossibile di elevazione di un paese non ancora maturo, scontando ingenuità ed errori soprattutto altrui. Benito Juárez, riconfermato presidente per due volte, nel 1867 e nel 1871, morì nel 1872.

Dopo l'agitata presidenza di Sebastián Lerdo de Tejada (1872-1876), continuatore della politica liberale e anticlericale di Juárez, le redini del governo passarono a un militare d'origine meticcia, il generale Porfirio Díaz che tenne la carica di presidente, salvo il quadriennio 1880-1884, fino al 1891, instaurando una durissima dittatura. Il moto rivoluzionario contro la trentennale dittatura di Porfido Díaz scoppiò sul finire del 1910 per iniziativa del liberal-progressista Francisco Madero.

Presto la rivolta dilagò in tutto il paese; attorno a Madero si strinsero forze contadine e proletarie, sotto la guida di condottieri risoluti, come Pascual Orozco e Francisco (Pancho) Villa (Stato di Chihuahua), Venustiano Carranza (Stato di Coahuila) nel Nord, ed Emililano Zapata (Stato di Morelos) nel Sud. Sotto l'incalzare degli avvenimenti il 25 maggio 1911 Díaz lasciò la presidenza abbandonando poco dopo il paese. Durante la rivoluzione venne emanata l'attuale costituzione del Messico (1917).

Qualche anno dopo fu chiamato alla presidenza Lázaro Cárdenas (1934-1940). Fedele al principi della costituzione di Querétaro, diede un impulso notevolissimo alla riforma agraria, distribuendo fino al 1940 più di 18.000.000 di ha di terra alle comunità indigene, accolse i rifugiati politici (tra cui Trotzkij), nazionalizzò le ferrovie (1937): quindi, espropriate le proprietà petrolifere delle compagnie estere (1938), ne affidò l'amministrazione alla confederazione dei lavoratori messicani. Svolse inoltre una lotta accanita contro l'analfabetismo, ma attenuò la politica antiecclesiastica, che cessò definitivamente con il suo successore Manuel Avila Camacho, presidente dal 1940 al 1946.

Negli anni Settanta la situazione si fece difficile: il debito estero diventava sempre più incontrollabile; la fuga dei capitali verso gli USA accresceva la crisi; il governo di Washington minacciava ritorsioni in caso di adesione del Messico all'OPEC, la disoccupazione interessava circa 6 milioni di lavoratori; il malcontento divampava nelle campagne sia tra i latifondisti degli Stati del Nord sia tra i contadini senza terra: il malcontento si è sviluppato sempre più nello Stato di Chiapas. Il crollo dei prezzi petrolieri all'inizio degli anni Ottanta, costringeva il governo a contrarre ulteriori debiti. Nel novembre 1987 ebbe luogo una riunione dei capi di Stato e di governo di Messico, messico, Brasile, Colombia, Panama, Perú, Uruguay e Venezuela, nella quale fu richiesta una riduzione degli interessi sul debito estero e proposto l'avvio di un progetto comune di sviluppo per l'America latina.

All'avvio degli anni Novanta il paese vede come unica via d'uscita della grave crisi economica l'intervento internazionale e la riduzione, se non la cancellazione del debito estero. Il presidente Salinas de Gortari avviò un programma di riforme e di austerità che invertì la tendenza in atto nell'economia e risolse i problemi contingenti. L'inflazione, che nel 1982 era balzata da un normale 10% o 20% al 99%, dal 1991 pian piano è stata ridotta a livelli di una sola cifra.

In clima di grande tensione si sono svolte le elezioni presidenziali del 1994 che hanno segnato ancora una vittoria del PRI (Partito Rivoluzionario Istituzionale, da decenni 'partito unico' alla guida del Paese), con Ernesto Zedillo Ponce de León, ma alle consultazioni legislative del 1997 il partito, che da quasi settant'anni dominava la politica del paese, è stato sconfitto per la prima volta dal Partito di opposizione nazionale (PAN, di centro-destra), che ha conquistato la maggioranza alla Camera bassa.

L'ascesa del nuovo presidente ha coinciso con il crollo della moneta, e il conseguente forte indebitamento con l'estero. Nel frattempo, oltre al conflitto con le popolazioni del Chiapas, è in atto (1999-2000) una protesta degli studenti che hanno occupato l'Università di Città del Messico: nel febbraio 2000 vi è stato un pesante intervento per sgomberare l'Università e molti studenti sono stati incarcerati.

Dopo la presidenza di Ernesto Zedillo Ponce de León, il 2 luglio 2000 è stato eletto Vicente Fox del PAN finendo così l'egemonia del PRI che dalla rivoluzione messicana non aveva mai lasciato il potere. Fox, ex-presidente della Coca Cola, è comunque strettamente legato agli Usa e alla loro politica, ed esponente della destra cattolico-integralista messicana.

Negli ultimi anni è sempre più forte la tensione dovuta alla guerra tra gruppi criminali, soprattutto i cartelli legati al traffico della droga e le forze dell'ordine. Soprattutto nella città di Ciudad Juàrez questi episodi di violenza causavano la fuga di molti civili e l'intervento del Dipartimento di stato degli Stati Uniti con aiuti e un maggiore controllo nelle aree di frontiera. Infatti, il flusso migratorio verso gli USA si manteneva elevato e provocava fenomeni di xenofobia negli stati meridionali statunitensi. Nel 2010 le violenze legate al narcotraffico assumevano caratteristiche da guerra civile con oltre 12.000 morti e con vaste regioni di fatto fuori dal controllo dello stato. Ancora oggi, 2015, la violenza sembra aumentare invece di diminuire e non si  intravede una soluzione a breve termine.

A tutti quelli interessati ad approfondire il tema sulla storia messicana segnaliamo la pagina del sito http://amolt.interfree.it/Messico/storia.htm e pagine seguenti.